
Quell'Occhio dell'universo che è il Sole, Colui che disperde le tenebre, si stabilì a Benares in dodici forme, per proteggere la città sacra dall'oscurità:
1.Lolārka ("il Sole smanioso [di vedere Kāśī]", posto a sud, alla confluenza tra Asi e Gaṅgā).
2. Uttarārka ("il Sole settentrionale").
In relazione a questo Sole, si narra la seguente storia (dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa):
"Viveva a Kāśī un retto brahmano chiamato Priyavrata, che morì prematuramente, subito seguito dalla moglie, dopo essersi tanto angustiato nel cercare marito alla bella e virtuosa figlia Sulakṣaṇā. Costei, restata orfana, in condizioni miserevoli, si mise a praticare l'ascesi proprio accanto al Signore Uttarārka e continuò a farlo per sei anni, in compagnia di un capretto che, ogni giorno, le si avvicinava e restava per un po' di fronte a lei. Śiva, su richiesta di Pārvatī, accordò dunque a Sulakṣaṇā la scelta di un dono e lei non chiese altro che la benedizione del capretto. Ciò fu assai gradito al dio, che le concesse allora di entrare a far parte della schiera delle divine fanciulle al servizio di Pārvatī."
3. Sāmbāditya ("il Sole [che guarì] Sāmba").
La storia (dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa) è legata alla figura del bellissimo Sāmba, figlio di Kṛṣṇa e Jāmbavatī, che mancò di inchinarsi al cospetto del saggio Nārada, causando il risentimento di costui. La vendetta che Nārada concepì fu allora quella di indurre in Kṛṣṇa il sospetto che le sue numerose spose si fossero eccitate sessualmente alla vista del giovane. Il dio maledisse quindi il figlio, colpendolo con la lebbra ma, resosi conto dell'abbaglio, lo mandò infine a Benares a propiziare il Sole e a recuperare la salute.
4. Drupadāditya ("il Sole [che concesse un dono alla figlia di] Drupada").
A Benares, Draupadī ottenne dal Sole, dopo averlo venerato a beneficio dei suoi cinque sposi (gli eroici Pāṇḍava) esiliati nella foresta, il dono di un recipiente inesauribile dotato di mestolo e coperchio, il quale, pieno di ogni sorta di prelibatezza, avrebbe garantito la sazietà di tutti, a patto che lei mangiasse per ultima [dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa].
5. Mayūkhāditya ("il Sole sfolgorante").
Un tempo, a Benares, il Sole si dedicò per centomila anni alle pratiche ascetiche e ciò intensificò il suo fulgore al punto che l'intero universo rischiava di essere arso. Intervenne allora Śiva che, accompagnato dalla sua sposa, lo toccò mettendo placidamente fine alla sua ascesi bruciante e ripristinando ovunque la frescura [dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa].
6. Khakholkāditya ("il Sole [che fu chiamato] Khakholka").
Questa la storia (dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa): Un giorno le due sorelle spose del saggio Kaśyapa, Kadrū e Vinatā, fecero una scommessa: quella fra loro che avesse perso sarebbe diventata schiava dell’altra. L’indovinello alla base della scommessa era: "Qual è il colore di Uccaiḥśravas, uno dei cavalli del carro del Sole?". Il cavallo era bianco e Vinatā rispose correttamente, ma l'astuta e malevola Kadrū costrinse i suoi figli, che erano dei serpenti, ad avvolgersi attorno alla coda dell'animale e, con il loro veleno, a far diventare scuro il colore del suo manto. Vinatā divenne dunque schiava di Kadrū. "Khakholka", "meteora ardente", fu la parola che Kadrū pronunciò confusamente, oppressa dal calore estremo del Sole, volando sul dorso dell'alata Vinatā, e da allora il Sole venne chiamato anche con questo nome. Fu Garuḍa, il divino rapace figlio di Vinatā, a liberare infine dalla schiavitù la madre, mentre il Sole Khakholka, per premiare la condotta di Vinatā, le garantì che sarebbe restato a Benares e avrebbe accordato a tutti gli abitanti la liberazione dai peccati.
7. Aruṇāditya ("il Sole [che beneficò] Aruṇa").
Vinatā ebbe tre figli: Ulūka, Aruṇa e Tārkṣya/Garuḍa. Il primogenito, Ulūka, mancava di qualsiasi virtù e dunque non poté essere scelto come sovrano degli uccelli. Impaziente di conoscere il figlio di mezzo, Vinatā allora ruppe anzitempo l'uovo che lo conteneva: egli, a causa della smania materna, nacque quindi formato solo per metà e, rosso (aruṇa) in volto per la collera, maledisse la madre, condannandola a diventare schiava della sorella. A Benares, Aruṇa propiziò il Sole con l'ascesi e ottenne da lui il dono di restare per sempre sul suo carro aereo e di sorgere con lui ogni giorno all'alba [dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa].
8. Vṛddhāditya ("il Sole [che fu propiziato dal] vecchio [asceta]").
La storia che sta dietro questa forma solare (dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa) racconta del vecchio saggio Hārīta, al quale il Sole, compiaciuto della sua condotta, concesse di tornare giovane per meglio praticare l'ascesi.
9. Keśavāditya ("il Sole [che venerò Śiva insieme a] Keśava, [ovvero insieme a Viṣṇu, il dio dai lunghi capelli]").
Un tempo, a Benares, il Sole vide Viṣṇu adorare il liṅga di Śiva. Incuriosito, scese dal cielo, si avvicinò al dio e gli chiese chi mai stesse venerando. Viṣṇu gli rispose tessendo le lodi di Śiva e lo invitò a fare lo stesso, per acquisire gloria e accrescere il proprio splendore. Il Sole installò dunque un liṅga di cristallo e da allora non smise più di venerare Śiva.
10. Vimalāditya ("il Sole [che liberò] Vimala").
Il principe guerriero Vimala, a causa del suo karman passato, fu colpito dalla lebbra. Abbandonò quindi la famiglia e le ricchezze per recarsi a Benares, a venerare il Sole con numerose offerte. Il Sole compiaciuto gli accordò il dono di guarire e concesse altresì che chiunque lo avesse lì adorato sarebbe stato libero dalla lebbra, da ogni altra malattia e dalla miseria [dal Kāśī-khaṇḍa dello Skanda-purāṇa].
11. Gaṅgāditya ("il Sole [che, sin dalla discesa di] Gaṇgā [sulla terra, incessantemente la loda]").
12. Yamāditya ("il Sole [che, allo Yama-tīrtha di Benares, fu installato da] Yama, il dio e giudice dei morti [e che, dunque, sempre libera dai supplizi inflitti da costui]").