Prepararsi al Viaggio in India, ovvero: come gli dèi si stabilirono a Benares

Pubblicato il 30 marzo 2025 alle ore 07:26

Vi fu un tempo una tremenda carestia. Gli dèi invocarono l'aiuto di un saggio che, grazie al potere della sua ascesi, poteva mettervi fine ed egli accettò, ma in cambio chiese che tutti loro facessero per sempre ritorno in cielo.

Il saggio assunse il nome di Divodāsa. Il suo regno sulla terra era florido e felice al punto che gli dèi si sentirono minacciati. Fecero così cessare fuoco, pioggia e vento, ma Divodāsa, col suo potere, li ripristinò. Śiva pensò allora di corrompere il sovrano: inviò a Benares sessantaquattro splendide Yoginī, ma esse fallirono nell'impresa e, incantate dalla città, decisero di rimanervi. Śiva inviò quindi il Sole, che, per un anno, restò nella città sotto mentite spoglie, senza riuscire però a seminarvi il disordine. Anche lui, ammaliato dal luogo, decise di prendervi dimora. Śiva inviò allora Brahmā, il quale fece celebrare a Divodāsa dieci simultanei aśvamedha (sacrifici del cavallo*), nella convinzione – sbagliata – che il re avrebbe commesso degli errori rituali, e alla fine anche Brahmā decise di stabilirsi a Benares. Śiva inviò, invano, anche quattro dei suoi gaṇa, e poi Gaṇeśa, il quale, come gli altri prima di lui, finì per stabilirsi lì nelle sue cinquantasei forme. Raggiunse allora la città anche Viṣṇu, che mise i piedi nell'acqua della Gaṅgā, alla confluenza con la Varaṇā, suo affluente, e quel luogo divenne noto come Pādodaka, quello dell'"acqua per i piedi". Viṣṇu convinse poi il re a cedere il regno al figlio e a far tornare Śiva e la sua sposa a Benares, e così avvenne. Anch'egli, alla fine, restò lì per sempre. 

*A questo evento mitico si deve il nome del Daśāśvamedha-ghāṭ.