Prepararsi al viaggio in India, ovvero: la meditazione sul primo discorso del Buddha

Pubblicato il 2 aprile 2025 alle ore 08:29

Nel 528 a.C., il Buddha tenne il suo primo sermone a Isipatana, l'odierna Sārnāth, a pochi chilometri di distanza da Benares. Lì dove ciò avvenne alla presenza dei suoi cinque antichi compagni di ascesi (Koṇḍañña, Bhaddiya, Vappa, Mahānāma e Assaji), in quello che oggi è un parco archeologico, si erge il Dhamek, il celebre stūpa alto 44 metri.

 

Così ho udito. Un tempo il Beato soggiornava a Isipatana, presso Bārāṇasī, nel Parco delle gazzelle. Qui il Beato si rivolse al gruppo dei cinque asceti mendicanti:

«O monaci, coloro che hanno abbandonato la vita mondana non devono indulgere ai due estremi. Quali sono questi due estremi? Un estremo è il dedicarsi al godimento dei piaceri sensuali: questo comportamento è infimo, villano, volgare, ignobile e vano. L'altro estremo è il dedicarsi alla mortificazione di sé stessi: questo comportamento è doloroso, ignobile e vano. Evitando questi due estremi, o monaci, il Tathāgata ha realizzato il sentiero di mezzo che produce la visione e la conoscenza, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbāna.

E cos'è mai, o monaci, questo sentiero di mezzo realizzato dal Tathāgata che produce la visione e la gnosi, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbāna? Esso è il Nobile ottuplice sentiero, ovvero la retta visione, la retta intenzione, la retta parola, la retta azione, il retto modo di vivere, il retto sforzo, la retta presenza mentale e la retta concentrazione.

Questo, o monaci, è il sentiero di mezzo realizzato dal Tathāgata che produce la visione e la conoscenza, e che guida alla calma, alla perfetta conoscenza, al perfetto risveglio, al nibbāna.

Questa, o monaci, è la nobile verità del dolore: la nascita è dolore, la vecchiezza è dolore, la malattia è dolore, la morte è dolore, l'unione con ciò che è discaro è dolore, la separazione da ciò che è caro è dolore, il non ottenere ciò che si desidera è dolore. In breve, i cinque aggregati, che rappresentano la base dell'attaccamento all'esistenza, sono dolore.

Questa, o monaci, è la nobile verità dell'origine del dolore: l'origine del dolore s'identifica con la brama, la quale conduce a nuove esistenze, è congiunta col diletto e con la concupiscenza, e trova appagamento ora qua ora là. Esiste la brama per il godimento degli oggetti dei sensi, la brama per l'esistenza e la brama per la non-esistenza.

Questa, o monaci, è la nobile verità della cessazione del dolore: la cessazione del dolore è l'estinzione, il completo svanimento, l'abbandono, il rifiuto di questa brama, la liberazione e il distacco da essa.

Questa, o monaci, è la nobile verità del sentiero che conduce alla cessazione del dolore: esso è il nobile ottuplice sentiero, ovvero retta visione, retta intenzione, retta parola, retta azione, retto modo di vivere, retto sforzo, retta presenza mentale e retta concentrazione.

"Questo è il dolore, nobile verità", "Il dolore, nobile verità, deve essere pienamente compreso", "Il dolore, nobile verità, è stato pienamente compreso": questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

"Questa è l'origine del dolore, nobile verità", "L'origine del dolore, nobile verità, deve essere abbandonata", "L'origine del dolore, nobile verità, è stata abbandonata": questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

"Questa è la cessazione del dolore, nobile verità", "La cessazione del dolore, nobile verità, deve essere realizzata personalmente", "La cessazione del dolore, nobile verità, è stata realizzata personalmente": questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

"Questo è il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità", "Il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità, deve essere sviluppato e coltivato", "Il sentiero che conduce alla cessazione del dolore, nobile verità, è stato sviluppato e coltivato": questa visione, o monaci, questa conoscenza, questa saggezza, questa sapienza, questa illuminazione circa cose mai udite prima, nacque in me.

E, o monaci, finché questa visione cosciente delle Quattro nobili verità, con il suo triplice svolgimento ed i conseguenti dodici aspetti, non fu ben purificata, fino a quel momento io non dichiarai al mondo, con i suoi deva, Māra, Brahmā, con le intere generazioni di asceti, di brāhmaṇa, di esseri considerati divini e di uomini, non dichiarai – dico – di aver perfettamente ottenuto il supremo e perfetto risveglio.

Ma non appena, o monaci, questa visione cosciente delle Quattro nobili verità, con il suo triplice svolgimento ed i conseguenti dodici aspetti, fu ben purificata, allora io dichiarai al mondo, con i suoi deva, Māra, Brahmā, con le intere generazioni di asceti, di brāhmaṇa, di esseri considerati divini e di uomini, dichiarai – dico – di aver perfettamente ottenuto il supremo e perfetto risveglio.

La conoscenza e la visione sorsero in me: "La liberazione è per me inamovibile. Questa è l'ultima nascita. Ora non esiste più una nuova esistenza"».

Questo disse il Beato ed i cinque asceti mendicanti, colmi di gioia, esultarono alle parole del Beato.

Il venerabile Koṇḍañña, proprio mentre questo insegnamento veniva pronunciato, ottenne la limpida e immacolata visione del Dhamma: «Tutto quel che è soggetto alla nascita è destinato all'estinzione».

E quando il Beato ebbe messo in moto la ruota del Dhamma, le divinità della terra dissero: «Ad Isipatana, presso Bārāṇasī, nel Parco delle gazzelle, il Beato ha messo in moto la suprema ruota del Dhamma, e nessuno può invertire il suo corso, né asceti né brāhmaṇa, e neppure deva, Māra, Brahmā o qualsiasi altro abitante del mondo». Avendo ascoltato le parole delle divinità della terra, anche i Quattro grandi re-deva dissero: «Ad Isipatana, presso Bārāṇasī, nel Parco delle gazzelle, il Beato ha messo in moto la suprema ruota del Dhamma, e nessuno può invertire il suo corso, né asceti né brāhmaṇa, e neppure deva, Māra, Brahmā o qualsiasi altro abitante del mondo». Avendo ascoltato le parole dei Quattro grandi re-deva, anche i Trentatré deva, i deva Yāma, i deva Tusita, i deva Nimmānaratin e i deva Paranimmitavasavattin dissero: «Ad Isipatana, presso Bārāṇasī, nel Parco delle gazzelle, il Beato ha messo in moto la suprema ruota del Dhamma, e nessuno può invertire il suo corso, né asceti né brāhmaṇa, e neppure deva, Māra, Brahmā o qualsiasi altro abitante del mondo».

Così, in quel momento, in quell'istante, queste parole si propagarono fino al Brahmaloka, il mondo di Brahmā, e l'intero universo con i suoi diecimila mondi tremò, sussultò, vacillò. Un'immensa e sublime luce, che superava anche il fulgore dei deva, apparve sulla terra.

Allora il Beato pronunciò queste parole ispirate: «O amici, Koṇḍañña ha infine conosciuto! Koṇḍañña ha infine conosciuto!». Così il venerabile Koṇḍañña assunse il nome di Aññāsi Koṇḍañña, "colui che ha conosciuto".

 

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Il discorso della messa in moto della ruota del Dhamma

(a cura di Claudio Cicuzza)