Prepararsi al Viaggio in India, ovvero: la colonna di luce e il "Portatore del teschio"

Pubblicato il 7 aprile 2025 alle ore 14:03

Un tempo, Brahmā e Viṣṇu si misero a discutere su chi tra loro due fosse il supremo e la lite si trasformò in uno scontro vero e proprio, senza esclusione di colpi. 

Tutti gli altri dèi, temendo la distruzione del trimundio, si recarono allora da Śiva, a supplicarne l'intervento tempestivo, e Śiva, magnanimo, partì col suo corteggio divino.

Giunto sul campo di battaglia, il dio prima scomparve nel firmamento e poi assunse la forma di un'immensa colonna ignea proprio in mezzo ai due contendenti. 

Brahmā e Viṣṇu, stupefatti, smisero di combattere e, interrogatisi sulla natura prodigiosa di quella colonna, decisero di tentare di raggiungerne le estremità: Viṣṇu si trasformò così in un cinghiale e s'inoltrò verso la base; Brahmā divenne un'oca selvatica e partì alla volta della cima.

Pur addentrandosi nelle più estreme profondità della terra, Viṣṇu non riuscì a trovare l'origine della colonna, così se ne tornò al punto di partenza, esausto.

Brahmā, invece, nel suo volo verso l'alto incontrò un fiore che stava cadendo da chissà dove, e quindi gli domandò: "O Signore dei fiori, chi hai adornato? Perché stai cadendo? Io, in forma di oca, sto cercando di arrivare in cima".

Il fiore rispose: "Sto cadendo dalla metà di questa imperscrutabile colonna primordiale, e lo sto facendo da molto, molto tempo. Non vedo dunque come tu possa farcela."

Brahmā concepì allora il suo piano e disse al fiore: "Amico caro, ti chiedo di fare questo per me: dirai a Viṣṇu che ce l'ho fatta e mi sei stato testimone". E così avvenne: Viṣṇu finì per prostrarsi ai piedi di Brahmā, rendendo omaggio alla sua supposta superiorità. 

Fu allora che Śiva riassunse la forma consueta e disse: "Sono compiaciuto, Viṣṇu. Tu non hai ceduto alla menzogna, pur desiderando la sovranità, e perciò godrai di venerazione e di rango pari ai miei". 

Quanto a Brahmā, Śiva lo punì emanando un essere terrificante, Kālabhairava, che con un'unghia recise al dio una delle sue cinque teste (quella che aveva pronunciato la menzogna), e lo condannò a non avere né templi né devozione.

Ciò fatto, e macchiatosi egli stesso del peccato di quella decapitazione, Kālabhairava iniziò un lungo pellegrinaggio di espiazione, col teschio di Brahmā attaccato alla mano, fino a giungere a Kāśī-Benares, lì dove il teschio infine cadde ed egli poté purificarsi.

Kapālamocana-tīrtha, "il guado sacro della liberazione dal teschio", è il nome del luogo di questo evento mitico narrato dalle fonti purāṇiche.

La storia della colonna ignea è alla base del culto del jyotir-liṇga, "il liṅga di luce", o meglio, dei diversi liṅga di luce (la lista tradizionale ne conta dodici principali, che sono celebri mete di pellegrinaggio) disseminati in India, ciascuno autoproclamatosi come l'originale.

Il jyotir-liṅga per eccellenza è quello di Benares: il tempio di Viśvanātha o Viśveśvara ("Il Signore dell'universo").  

 

"Il liṅga di luce fu il primo liṅga.

Poi Śiva promise che questo imperscrutabile liṅga si sarebbe rimpicciolito, affinché la gente potesse averlo come emblema per il culto.

Ovunque vi sia un liṅga, vi è un tīrtha, perché il liṅga, per sua natura, è un luogo di passaggio.

Altre divinità hanno mūrti, immagini, ma solo Śiva possiede una forma che attraversa i mondi."

Diana L. Eck, Banaras. City of Light